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Tendinopatia Achillea. Cause, trattamento, prevenzione e ritorno allo sport. Parte I

Aggiornamento: 9 feb 2021

La tendinopatia Achillea è una condizione molto frequente che non riguarda soltanto soggetti sportivi. A questo proposito è stato infatti dimostrato che questa condizione non è sempre causata da sovraccarico e non ha caratteristiche infiammatorie. Inoltre il riposo assoluto, un tempo consigliato, è invece da evitare.


Introduzione


Il tendine d'Achille rappresenta il tendine più spesso del corpo umano, connettendo i muscoli soleo e gastrocnemio mediale e laterale (tricipite surale) all'inserzione calcaneare del polpaccio. La tendinopatia Achillea (TA) è una condizione frequente che riguarda il tendine d'Achille, con un'incidenza che può arrivare fino allo 0,3 % degli accessi del medico di medicina generale e che può aumentare sino al 5-7% in alcune attività sportive (es. running), fino all'ultra-running in cui è la condizione clinica più prevalente e che negli atleti che si preparano ad un maratona può arrivare al 7.4%.

La TA può essere classificata come inserzionale (segni e sintomi sull'inserzione del tendine sul tallone) e non-inserzionale. Pur avendo molti punti in comune queste due varianti sono considerate due entità distinte, di conseguenza questo articolo si focalizzerà sulla condizione più frequente ovvero la tendinoptia Achillea non inserzionale.


Sintomi come dolore, gonfiore, fastidio alla palpazione sul ventre tendineo, rigidità mattutina e difficoltà funzionali sono sintomi comuni nella TA sia nelle attività sportive che nella vita quotidiana e sono considerati

Patologia

Termini come “tendinite” o “tendinosi” sono stati utilizzati in passato per descrivere questa condizione, senza che però vi siano dei distinti connotati istopatologici infiammatori e sono pertanto da considerarsi inappropriati. Infatti, è stato osservato che i sintomi caratteristici incluso dolore e gonfiore sono il risultato di un fallimento/disfunzione del processo riparativo che include 3 fasi:

  • Fase reattiva

  • Fase deteriorativa

  • Fase degenerativa

Queste 3 fasi differenti rappresentano un continuum in cui non esiste una risposta infiammatoria mentre invece si configura un fenomeno inizialmente proliferativo a cui può fare seguito una risposta degenerativa.


1. Fase reattiva


La fase reattiva consiste in un adattamento cellulare proliferativo a breve termine in risposta ad un sovraccarico. Questo adattamento crea un ispessimento funzionale del tendine che ne aumenta la rigidità, seppur con un cambiamento marginale nello spessore. Il tendine può quindi potenzialmente tornare alla normalità nel caso in cui il carico sia ridotto sufficientemente, o vi sia un periodo di tempo sufficiente tra le sessioni di carico.


La tendinopatia reattiva è più comune nei soggetti più giovani che aumentano repentinamente le sessioni/carico di allenamento. In alternativa, in un quadro opposto questa risposta può avvenire nel caso di una ridotta cronica esposizione al carico come a seguito di un infortunio oppure nel caso di una persona sedentaria. In entrambi i casi il tendine potrebbe sviluppare una tendinopatia reattiva anche se esposto ad un carico moderato. Inoltre, la tendinopatia reattiva può svilupparsi anche a seguito di un trauma diretto sul tendine.


2. Fase deteriorativa


Questa fase è simile alla fase reattiva e per certi versi difficilmente distinguibile, rappresentando un tentativo di riparazione del tendine. In contrasto alla fase reattiva, in questa fase avviene una maggiore degradazione e frammentazione della matrice del tendine con produzione di fibre proteiche. Questo incremento cellulare porta ad una disorganizzazione della matrice a cui può associarsi una proliferazione vascolare e neuronale. Neovascolarizzazione e neurogenesi sono fenomeni importanti in quanto i tendini sani sono relativamente avascolari ed inoltre la formazione di nuove fibre nervose potrebbe essere associata al fenomeno del dolore cronico.

Questa fase può essere difficilmente distinguibile dalla precedente, ma si presenta tuttavia con un visibile ispessimento del tendine in un'area più localizzata (Foto 1). Il meccanismo di eziopatogenesi, nel soggetto o nell'atleta più giovane può implicare mesi di sollecitazione ma può estendersi a diverse fasce di età e modalità di carico. Il soggetto meno giovane in cui il tendine ha meno capacità adattiva, potrebbe sviluppare questo grado della tendinopatia con carichi anche relativamente moderati. Una relativa reversibilità è ancora presente in questa fase attraverso esercizio specifico ed una gestione controllata del carico.


Foto 1. Visibile area di ispessimento tendineo tipica delle fasi reattiva e deteriorativa della TA non inserzionale.



3. Fase degenerativa


Questa fase è caratterizzata da una progressione della fase precedente verso un'ulteriore alterazione della matrice del tendine che appare molto eterogenea con cambiamenti cellulari in cui aree di cellule morte coesistono con aree a diversi stadi di degenerazione e cellule normali. C'è una scarsa capacità di reversibilità cellulare in questo stadio della patologia.


Questa condizione si può verificare più tipicamente nelle fasce di età più avanzate o nell'atleta giovane sottoposto ad un carico eccessivo cronico. L'esempio tipico potrebbe essere rappresentato dall'atleta amatoriale di mezza età con diversi episodi di gonfiore e dolore, risolti nel tempo ma che si ripresentano non appena cambia il carico a cui si sottopone il tendine, con una o piu' aree del tendine a presenza nodulare e con o senza ispessimento generale. Nella tendinopatia degenerativa, se molto estesa o in caso di carico eccessivo, il tendine può andare incontro a rottura. Infatti negli studi che hanno analizzato 97% dei casi di rottura il tendine presentava una condizione degenerativa.


Considerazioni cliniche e terapeutiche

A proposito di queste 3 fasi che rappresentano un continuum, è interessante notare che si presentano sia nell'eventualità di un elevato volume di carico, sia nelle condizioni in cui vi sia un'importante riduzione della sollecitazione meccanica. Di conseguenza, l'insorgenza della TA ad oggi non può più essere attribuita alla cosiddetta sidrome da sovraccarico nè trattata come tale, in quanto la TA in molti casi è il risultato di un de-condizionamento a seguito di ridotta attività motoria e di ridotto carico meccanico sul tendine.


Inoltre, studi tramite ultrasuonografia hanno dimostrato un andamento non lineare di tensionamento e di scorrimento reciproco tra i vari capi del tendine d'Achille (superficiale, medio e profondo) che originano dai 3 diversi muscoli del polpaccio, anche noto infatti some tricipite surale (gastrocnemio mediale, gastrocnemio laterale laterale e soleo, foto 2). E' interessante notare che questi muscoli contribuiscono a percentuali di tensione differente sulla porzione corrispondente del tendine a seconda del tipo di contrazione e della posizione della caviglia. Ad esempio, se la caviglia viene forzata passivamente la percentuale maggiore di tensione viene esercitata dal gastrocnemio mediale, indice che questo muscolo potrebbe essere importante per l'immagazzinamento passivo di energia (ad esempio nella corsa). Al contrario, durante una contrazione eccentrica la tensione maggiore sembra essere esercitata dal soleo.


Questi fattori potrebbero quindi condurre ad uno scorrimento non ottimale dei vari capi del tendine, contribuendo alle cause della TA. Infatti, uno degli effetti dell'invecchiamento sul tendine d'Achille è la formazione di ponti fibrosi tra i vari capi del tendine, causando un'alterazione nello scorrimento e nella trasmissione di forze. Questi fattori potrebbero essere considerati sia in un programma di prevenzione che di trattamento, in modo da mantenere o migliorare la forza muscolare specifica in vari gradi articolari e con vari tipi di contrazione.


Foto 2. Composizione muscolare del tricipite surale che converge nel tendine d'Achille nei suoi corrispondenti 3 capi: superficiale medio e profondo


Fattori di rischio


Sebbene non vi siano evidenze conclusive, i fattori di rischio maggiori per lo sviluppo di questa condizione sembrano essere rappresentati da:

  • Età ( >30 )

  • Sesso maschile (tuttavia il sesso femmininile percepisce più dolore e meno miglioramento al trattamento dopo 12 settimane)

  • Ridotta forza muscolare dei muscoli del polpaccio

  • Infortuni precedenti al tendine d'Achille nei precedenti 12 mesi

  • Ridotta mobilità della caviglia

  • Familiarità per lo sviluppo di questa condizione (incidenza fino a 5 volte maggiore)


Va specificato che sebbene a livello clinico e di alcuni studi vengano segnalati fattori di rischio quali l'indice di massa corporea, il livello di attività fisica e la postura del piede (es. pronazione), non esiste ad oggi evidenza scientifica conclusiva a tal proposito.


Fattori di rischio associati al running


Nonostante la multifattorialità della TA per cui non è possibile definire esattamente parametri esclusivi relativi alla tecnica di corsa, è stato osservato che i runners con TA mostrano un eccesso di forze di frenata, ovvero forze che disperdono la spinta propulsiva. Questo fenomeno può avvenire tra ltri fattori, nel caso in cui vi sia una cadenza bassa (numero di passi al minuto) e/o un'oscillazione verticale eccessiva durante la corsa (Foto 3).


Foto 3. Nell'immagine A rispetto all'immagine B è possibile notare una maggiore oscillazione verticale. Questa può a sua volta aumentare le forze di impatto. Tratto da Souza, 2016.


Postura del piede


Sebbene molto spesso si crede che alcune condizioni cliniche siano da imputare ad alterazioni posturali del piede (Foto 4), alcuni studi indicano un'assenza di legame tra tendinopatia achillea e inversione/eversione del retropiede, indice statico/dinamico dell'arco plantare e piede pronato. Alcuni studi hanno tuttavia mostrato un legame tra piede con pronazione severa e la possibilità di infortuni.


Foto 4. Visuale posteriore della caviglia utilizzata nella la valutazione posturale del piede. Solo una severa pronazione sembra essere associata allo sviluppo di infortuni


Prevenzione e raccomandazioni


Rinforzo muscolare, stretching e terapia manuale fisioterapica e osteopatica


Rispetto ai sovracitati fattori di rischio, il miglioramento della mobilità di caviglia e della forza muscolare dei flessori plantari (principalmente soleo e gastrocnemio) attraverso esercizio, stretching e terapia manuale potrebbero essere interventi economicamente vantaggiosi e raccomandabili per la prevenzione della TA, anche se a questo proposito non vi sono evidenze e di conseguenza non possono essere fatte raccomandazioni definitive (Foto 5).


Foto 5. Valutazione della mobilità della caviglia e piede. Terapia manuale, esercizio e stretching rappresentano strumenti che se associati potrebbero risultare efficaci nella prevenzione della tendinopatia Achillea.



Tecnica di corsa


Rispetto ai fattori di rischio specifici del running, strategie volte alla riduzione dell'oscillazione verticale e della tecnica di corsa potrebbero essere utili nel prevenire la TA. A questo proposito, uno studio recente ha dimostrato una riduzione delle forze di impatto a seguito di un programma di rieducazione alla corsa di 12 settimane (Foto 6). La riduzione delle forze di impatto potrebbe a sua volta ridurre la possibilità di infortuni legati all corsa, tra cui la TA.


Foto 6. Video-analisi della corsa in cui è possibile valutare i parametri alterati ed impostare un retraining preventivo o terapeutico in caso di infortuni già presenti.

Scarpe , plantari e calze compressive


Un trial clinico ha dimostrato una riduzione nel rischio di infortuni in una popolazione di circa 400 allievi militari con l'utilizzo di plantari personalizzati basandosi sull'analisi di aree a pressione eccessiva e correzione di fattori come eccessiva pronazione. Altri studi hanno dimostrato una riduzione del rischio di infortuni tramite utilizzo di scarpe antipronazione solo in caso di severa pronazione del piede misurata da professionista sanitario tramite Foot Posture Index. Considerata la scarsità di studi disponibili e la conflittualità rispetto ai risultati dei vari studi, non è possibile ad oggi quindi fornire raccomandazioni definitive sull'utilità di plantari o scarpe specifiche per prevenire la TA, che potrebbero essere tuttavia utili in caso di severa pronazione.


A proposito di scarpe da running ed ammortizzazione come supposto fattore protettivo, uno studio pubblicato sull'autorevole rivista "Nature" ha dimostrato che scarpe con maggiore ammortizzazione aumentano le forze di impatto a livello dell'arto inferiore. Alla luce di questo dato la raccomandazione di scarpe ammortizzate per la prevenzione di infortuni è quantomeno questionabile.


Per quanto riguarda invece l'utilizzo di calze compressive, uno studio su 1929 runners iscritti ad una maratona ha mostrato un'associazione tra l'utilizzo di calze compressive e lo sviluppo di TA, che pertanto non possono essere consigliate come strumento preventivo, al contrario potrebbero favorirne l'insorgenza.



Nella seconda parte dell'articolo si parlerà di valutazione, trattamento e ritorno allo sport nella tendinopatia Achillea



Articolo di Stefano Braico, Fisioterapista, Osteopata e Running Specialist con Laurea Magistrale ed esperienza professionale ed accademica in Italia, Spagna e Regno Unito. Quando non impegnato professionalmente nella propria clinica, ama l'attività fisica incluso il running, trail running e skyrace, viaggi e lettura



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